Con tutto il parlare che si fa di self driving cars – che, nel giro di qualche anno, ci libereranno dall’obbligo della guida e ci permetteranno di essere comodamente trasportati da una parte all’altra della città – si tende a dimenticare che le auto che guidiamo oggi sono già parzialmente autonome. Sistemi di frenata automatica che riconoscono quando il veicolo di fronte a noi è troppo vicino, speed assistance che regola la velocità riconoscendo autonomamente le indicazioni a bordo strada e sensori che monitorano le linee che dividono la carreggiata, intervenendo direttamente se stiamo per invadere la corsia sbagliata. Questi sistemi sono parte integrante del processo che porterà le automobili a diventare sempre più autonome. Ma non solo: le renderà anche sempre più connesse e inserite nell’ecosistema della internet of everything. Le auto connesse alla rete permetteranno infatti di avere sempre sott’occhio, in tempo reale, le condizioni del meteo e del traffico, di sapere in qualunque momento dove si trova la nostra auto, conoscere la posizione del parcheggio più vicino e anche di tenere sempre traccia delle condizioni dei freni o del motore.
Il ruolo del 5G
L’automobile diventa insomma una vera e propria piattaforma tecnologica, in grado anche di gestire sistemi completi di infotainment e di offrire servizi sempre più avanzati. Merito di sensori, analisi dei big data e algoritmi di intelligenza artificiale. Ma il vero collante che tiene assieme tutto questo è il 5G: la nuova tecnologia di trasmissione dati mobile che sta diventando realtà proprio nel 2019 e che rivoluzionerà, tra le altre cose, anche la mobilità. La velocità di banda del 5G è uno degli aspetti più noti: raggiungendo anche 1 GB al secondo, sarà possibile, per fare solo un esempio, dotare anche i sistemi d’intrattenimento della nostra automobile di video in altissima risoluzione. Ma è soprattutto la sua bassa latenza a cambiare le prospettive dell’automotive: dai circa 20/40 millisecondi di oggi, il tempo necessarie affinché due dispositivi entrino in connessione scenderà fino a 2/4 millisecondi. Non si tratta solo di questioni tecniche: la bassa latenza consentirà infatti di mettere in comunicazione istantanea i sensori della nostra auto e quelli degli altri veicoli; così come di comunicare in tempo reale con semafori, segnali stradali e tutti gli altri elementi urbani che saranno, in futuro, connessi alla rete.
Questo è un elemento cruciale per la commercializzazione delle auto autonome, che non dovranno affidarsi solamente ai loro sensori per interpretare ciò che avviene attorno, ma potranno comunicare con il mondo circostante; adeguando la loro velocità all’andamento dei semafori, segnalando la propria posizione ai veicoli circostanti e avendo sotto controllo in tempo reale la situazione del traffico. Le auto connesse, inoltre, ridurranno drasticamente la congestione, muovendosi su percorsi paralleli in modo da distribuire uniformemente il traffico e riducendo così anche lo spreco di carburante. Un altro vantaggio cruciale riguarda la diminuzione degli incidenti, che oggi sono causati nel 90% dei casi da errori umani e che continueranno a diminuire mano a mano che le auto connesse evolveranno in self driving cars. Ma non vanno dimenticate neanche le potenzialità in termini di inclusione sociale. Grazie all’intelligenza artificiale alla guida dei veicoli, infatti, potranno usufruire dell’automobile anche fasce di popolazioni che oggi sono escluse da questa forma di mobilità: anziani, persone disabili e altre categorie ancora.
Un primo esperimento tutto italiano per quanto riguarda le auto autonome è il progetto Smart Road, con cui il comune di Torino, in partnership anche con TIM, si candida a diventare la prima città del nostro paese a sperimentare la guida autonoma in un contesto urbano. A rendere Torino particolarmente adatta sono soprattutto le sue infrastrutture tecnologiche; tra le quali la presenza di fibra ottica e di sistemi di rilevamento traffico (sensori in corrispondenza dei semafori, spie sotto l’asfalto che assicurano il rilevamento dei passaggi delle vetture, e quindi di avere un quadro in tempo reale del traffico, telecamere intelligenti agli incroci). La città sta lavorando per rendere disponibile per la sperimentazione un circuito urbano di 35 km, all’interno del quale possono essere ricavati percorsi di lunghezza e caratteristiche diverse, a seconda del tipo di guida autonoma sperimentata e dai casi d’uso che verranno testati.
Le sfide da superare
Ovviamente, ci sono ancora parecchie sfide da superare affinché tutto questo possa diventare realtà. Prima di tutto, è essenziale che il settore dell’automotive e quello delle telecomunicazioni collaborino strettamente. Ma i primi passi sono già stati compiuti, soprattutto grazie alla nascita di 5GAA (5G Automotive Association), fondata nel 2016 per accelerare il lavoro di telco e aziende automobilistiche e che oggi conta già più di 80 membri. Dal punto di vista delle regolamentazioni, invece, sarà necessario colmare alcuni attuali vuoti legislativi. Per esempio, di chi è la responsabilità in caso di incidenti tra auto autonome? Del proprietario, del produttore del software che guida il veicolo o dell’azienda che ha costruito la vettura? Molto, ovviamente, dipende dalle situazioni contingenti e dal grado di automazione che si sarà raggiunto; ma è fondamentale che ci siano delle leggi chiare e precise, che offrano un quadro normativo privo di ambiguità. Infine, come si dovrà comportare un’auto autonoma costretta a prendere una decisione improvvisa? Per esempio, dovrà sterzare per evitare un ostacolo anche se, in questo modo, ci fosse il rischio di investire un’altra persona? Questo problema, noto come il “dilemma morale delle auto autonome”, è stato a lungo indagato da filosofi e da scienziati. Per il momento, l’unica nazione ad aver stilato un report con le linee guida di comportamento per le auto autonome è la Germania, che ha adottato un approccio molto più pratico. “Non è possibile decidere ogni volta se salvare una vita piuttosto che un’altra”, si legge nello studio, “perché è una valutazione che dipende da situazioni molto specifiche, che sono influenzate anche da comportamenti imprevedibili e che, di conseguenza, non possono essere chiaramente standardizzati o programmati”. In poche parole, è impossibile che un algoritmo, prima di frenare, possa valutare attentamente tutte le incognite che si potrebbero prendere in considerazione. Proprio per questa ragione, la commissione incaricata dal ministero dei Trasporti tedesco di stilare le linee guida ha posto dei principi molto più semplici: la priorità va sempre data alle vite umane, rispetto ad animali e oggetti, e l’uomo deve sempre avere il potere di sottrarre il comando alla macchina. In più, “in caso di incidenti inevitabili, classificare il passeggero in base a età, salute fisica o mentale, sesso e altro sarà vietato”. Come dire, l’obiettivo dell’auto autonoma sarà quello di evitare la collisione; senza la pretesa di anticipare qualunque conseguenza negativa si possa avere. Non si tratta di cinismo, ma della impossibilità di tradurre in codice ogni possibile eventualità. Come si intuisce anche da queste problematiche, la strada per arrivare alle auto autonome è ancora ricca di sfide; ma l’obiettivo finale è di quelli per cui vale la pena impegnarsi a fondo: città più vivibili, sicure ed efficienti. Una nuova rivoluzione per tutti resa possibile dalle tecnologie informatiche.