La crisi dell’industria musicale sembra essere ormai un lontano ricordo. Negli ultimi quattro anni, gli introiti hanno registrato costantemente il segno positivo, confermato anche nel 2017.
L’anno scorso, il fatturato globale ha infatti raggiunto i 17,3 miliardi di dollari (dati IFPI Global Music Report 2018), un altro netto passo avanti rispetto ai 16 miliardi del 2016 e, soprattutto, una cifra che non veniva superata da esattamente dieci anni. La strada da compiere è comunque ancora lunga: nel 1999, agli albori della diffusione di internet, i ricavi dell’industria musicale erano di 25,2 miliardi; un numero destinato a crollare negli anni successivi – a causa soprattutto della pirateria informatica che ha avuto il suo simbolo in Napster – e a raggiungere il minimo storico di 14,2 miliardi di dollari nel 2014.
Da allora, però, il trend si è finalmente invertito: merito soprattutto di un mercato che ha saputo innovarsi e ha smesso di concentrare i propri sforzi sulla vendita di prodotti fisici per valorizzare invece i servizi digitali più innovativi. I dati parlano chiaro: nel 2017, i servizi di streaming hanno generato per la prima volta introiti maggiori della vendita degli album fisici (6,6 miliardi contro 5,2), mentre la vendita dei dischi in digitale attraverso piattaforme come iTunes rimane una voce importante ma in costante discesa (oggi vale 2,8 miliardi).
Nel complesso, lo streaming è responsabile del 38% del fatturato complessivo e sta dimostrando di poter crescere ancora a ritmi molto sostenuti. Nel mondo, gli utenti a pagamento di Spotify, Apple Music e gli altri hanno raggiunto quota 176 milioni, in crescita del 45% su base annua. Secondo alcuni analisti, siamo ancora molto lontani dal picco: entro il 2025 gli abbonati alle piattaforme di streaming potrebbero infatti raggiungere quota 336 milioni.
Non mancano comunque le ombre: è noto il malcontento degli artisti nei confronti dei compensi generati dai servizi di streaming, non paragonabili a quelli ottenuti durante l’epoca d’oro del compact disc.
Non solo: la crescente competizione tra le piattaforme – a colpi di dischi in esclusiva – sta in parte facendo risorgere il fenomeno della pirateria dopo parecchi anni di costante declino. La ragione è nota: dal momento che la maggior parte degli utenti non ha le risorse (o comunque non vuole) iscriversi a più di un servizio di streaming, ci si affida alla pirateria per reperire gli album degli artisti che non sono presenti sulla propria piattaforma. Una situazione che rischia di frenare la crescita e che andrebbe affrontata organicamente.
Ritorna il vinile
In tutta questa attenzione nei confronti del digitale, c’è da notare come i supporti fisici abbiano ancora un notevole mercato. Per quanto in calo anche quest’anno del 5,4%, la vendita dei dischi tradizionali vale ancora circa il 30% del mercato globale; con picchi particolari in paesi come il Giappone (72%) e la Germania (43%). Anche quest’anno si conferma inoltre la continua crescita del vinile, le cui vendite sono salite addirittura del 22,3% e che oggi, da solo, genera il 3,7% del fatturato complessivo. La digitalizzazione della musica, insomma, ha avuto anche l’effetto – se vogliamo, romantico – di rilanciare il simbolo stesso del passato analogico.
L'evoluzione delle piattaforme di streaming
Ma cosa dobbiamo aspettarci, invece, dal futuro? Da una parte, i costi ridotti della produzione e distribuzione di musica stanno dando nuova linfa alle etichette indipendenti (che da anni sono in costante crescita), garantendo la necessaria diversificazione del mercato. Dall’altra, le piattaforme di streaming stanno diventando servizi sempre più complessi e ricchi di offerte cucite su misura per gli utenti. È per esempio il caso tutto italiano di TIMMUSIC, la piattaforma streaming di TIM che, oltre a un catalogo di 25 milioni di brani, offre anche classifiche settimanali, intervista esclusive agli artisti, il commento degli album da parte degli stessi autori e playlist sempre aggiornate.
Osservando inoltre le più recenti evoluzioni, si può immaginare che nei prossimi anni queste piattaforme diventeranno sempre più dei luoghi attraverso i quali gli artisti possano promuovere i loro concerti – anche vendendo direttamente i biglietti – e distribuire il loro merchandising; permettendo di diversificare sempre di più gli introiti e di avere un rapporto diretto con gli ascoltatori. Insomma, il futuro dell’industria musicale è tornato a essere luminoso. E il merito è proprio di ciò che per lungo tempo è stato considerato il nemico numero uno: il digitale.