Non esiste, forse, una parola più abusata di "innovazione". Mai come in questi giorni, con la crescita esponenziale delle tecnologie, è facile cadere nella tentazione di parlare del nostro futuro per buzzword, concetti privi di reale sostanza e concretezza.
Che le parole siano importanti lo sanno bene, al Messaggero, ed è forse anche per questo che il quotidiano romano ha festeggiato i suoi 140 anni con un pomeriggio di conversazioni, svoltosi la scorsa settimana all'Ara Pacis, sui passi concreti che possiamo e dobbiamo intraprendere sulla strada della transizione digitale.
Il keynote di Geoff Mulgan, Amministratore Delegato di Nesta, (la fondazione per l'innovazione del Regno Unito che gestisce investimenti in ricerca pura e applicata) ha aperto i lavori con un invito che è anche un monito: «Abbiamo bisogno di una nuova disciplina, un nuovo modo di vedere il mondo. La crescente competizione globale sull'innovazione tecnologica e il numero di persone impiegate, ad esempio, nell'intelligenza artificiale, è in costante aumento. Ma presa da sola, senza l'elemento umano, anche l'intelligenza artificiale rischia di trasformarsi in un disastro."
E' stato poi il turno di Mario Di Mauro, Responsabile Strategy Innovation & Quality TIM, tirare le fila delle prospettive tangibili che abbiamo davanti a noi. Ricordando anzitutto la necessità di associare ai forti investimenti in infrastrutture all’adozione di modelli di Open Innovation e progetti di Open Collaboration.
"Saranno il 5G, l'Internet of Things, le Smart Cities, i driver per migliorare le performance dell'industria e la qualità della vita dei cittadini nella Gigabit Society" - ha ricordato Di Mauro.
Specialmente in un Paese come il nostro, la cui architrave dell'economia è costituita da piccole e medie imprese, la chiave per cogliere queste opportunità è l'adozione di un approccio di Open Innovation. Secondo uno studio del Politecnico di Milano il 28% delle aziende italiane lo ha già sperimentato, ed evidentemente con profitto, se quasi nessuna di esse vi ha poi più rinunciato.
"Sono queste le chiavi per realizzare un sistema industriale più performante e competitivo, che possa conciliarsi con una migliore qualità della vita". - ha concluso Di Mauro. "In TIM, in particolare, lavoriamo ad assicurare questo passaggio nel massimo rispetto della privacy e della sicurezza dei cittadini, in un contesto normato cui troppo spesso riescono invece a sfuggire i grandi player internazionali e le loro piattaforme sul web".
Il modo in cui il business sta accogliendo questa trasformazione è l'abbandono delle classiche catene lineari del valore, teorizzate da Michael Porter nel secolo scorso, e l'organizzazione in modelli basati su ecosistemi reticolari, dove non esiste un unico "redistributore di ricavi". Ciò che conta, per ciascuna delle componenti dell'ecosistema, è continuare ad essere insostituibile, cioè essenziale alla sopravvivenza dell'ecosistema stesso.
Una prospettiva che richiede un profondo cambiamento culturale, ripartendo in modo sicuramente più democratico le quote di responsabilità nella sostenibilità di un mercato. In questo ancora instabile scenario saranno le presenti e future generazioni a dover trovare un sano equilibrio tra il calcolo dei rischi e le indubbie, grandi opportunità.